A casa mia, di romani romanisti, Un Capitano è stato un libro atteso, con l’ansia positiva di chi aspetta qualcuno cui tiene che lo deve passare a trovare.
Trattasi di un bel tomo di 498 pagine ma la cosa non mi ha certo spaventata. È la storia di Francesco Totti, il Capitano, un pezzo di storia di Roma (oltre che della Roma). Quindi bando alle ciance e che abbia inizio la lettura.
Devo dire che si divora e gli aneddoti che riporta sono così appetibili da far in modo che non ci si possa staccare tanto facilmente.
Con Un Capitano abbiamo la possibilità di conoscere chi era Francesco bambino, già prodigio in campo e dalla timidezza acuta. Ci racconta delle fasi in cui è cresciuto, tutti gli allenatori da cui ha avuto e dato molto, le partite decisive ed intense, i rapporti con i compagni di squadra, importanti almeno quanto una famiglia. Le partite a carte nelle notti pre-partita sono una sua prerogativa.
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“Da bambino i sentimenti non sono schermati, ciò che provi ti brucia sulla pelle, e io odiavo la Lazio al punto da attaccare sull’album Panini le figurine dei suoi giocatori a testa in giù. Rovesciati, non li volevo nemmeno vedere in faccia.”
Un Capitano inizia raccontando di una bizzarra situazione avvenuta in una delle visite di Totti a Regina Coeli, di quelle che non si possono dimenticare e rendono subito l’entità del rapporto tra Francesco, Roma e l’affetto immenso dei suoi tifosi.
Qui c’è tutta la sua crescita come giocatore, uomo, campione.
Certo non è uno che si può godere la sua amata città passeggiando per le vie del centro, quando ci ha provato è rimasto illeso per miracolo e prontezza di spirito, ma sente la responsabilità di questo amore reciproco, spesso leva delle sue azioni.
Un Capitano è un libro completo, di quelli che probabilmente si scrivono in una fase ben precisa della propria vita già tanto ricca per riempirlo di cose interessanti.
Se proprio devo fare la rompi scatole, e lo sono ovviamente, l’unica pecca è il linguaggio. Perfetto e scorrevole, funzionale ma distante da come immagino Totti racconterebbe le stesse pagine.
Iniziandolo avevo nella testa la sua voce e qualcosa non combaciava ma poi c’è stata la giusta fusione che ha reso bella la lettura facendomi conoscere nuovi aspetti della sua vita e del suo carattere, andando oltre la forma. Ed è giusto così.
Grazie di tutto Capitano.
P.S. Non ci credo che Francesco usa l’aggettivo LAPALISSIANO. E se lo fa me lo deve dire lui!
UN CAPITANO – RIZZOLI – 2018
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